“Ghost in the Shell” come non l’abbiamo mai visto: l’anima cyberpunk si fa arte tradizionale nel TechnoByobu TB-02

“Ghost in the Shell” come non l’abbiamo mai visto: l’anima cyberpunk si fa arte tradizionale nel TechnoByobu TB-02

Lo ammetto: la prima volta che ho visto Ghost in the Shell, ero una ragazzina affascinata dagli anime che osavano guardare oltre il semplice intrattenimento. E mentre le mie amiche si perdevano nelle storie d’amore di shojo scolastici, io venivo travolta dalle atmosfere fredde, dense e cerebrali di un Giappone futuro che sembrava distante anni luce… eppure incredibilmente vicino. Quello di Masamune Shirow non era solo un manga: era una rivelazione. Un viaggio nel cuore di una Tokyo postmoderna, dove l’identità si fondeva con la rete, dove il corpo era solo un guscio e l’anima, o meglio, il “ghost”, era un concetto da reinventare. E ora, nel 2026, questo universo iconico tornerà a vivere in una forma completamente nuova, poetica e inaspettata: un paravento dorato.

Sì, hai letto bene. Un paravento. Ma non uno qualunque. Sto parlando del progetto “TechnoByobu: TB-02 – The Ghost in the Shell”, un’opera d’arte contemporanea nata dall’incontro sorprendente tra l’estetica cyberpunk e l’artigianato giapponese tradizionale, realizzata dalla visionaria etichetta U/M/A/A Inc. Questo nuovo lavoro rappresenta il secondo capitolo di una serie di opere che reinterpretano icone pop della cultura giapponese su un supporto antichissimo: il byōbu, l’elegante paravento pieghevole che da secoli adorna templi e dimore nobiliari.

A rendere ancora più affascinante il tutto è il materiale scelto: foglia d’ottone dorata, sottilissima, trattata con una tecnica di stampa a pigmenti chiamata Kasane Graphica, che dona profondità, luce e tridimensionalità a ogni singolo dettaglio. Al centro dell’opera, come una dea della modernità incastonata nell’oro, troviamo Motoko Kusanagi, la protagonista assoluta del manga. Lei, il maggiore della Sezione 9, la donna senza corpo, l’anima che sfugge ai confini della carne, l’icona assoluta del cyberpunk giapponese. Accanto a lei, un Fuchikoma, il piccolo carro da battaglia semovente che ogni appassionato della serie riconoscerà all’istante. Il tutto su uno sfondo che brilla come un’antica reliquia, ma che pulsa di tecnologia e di futuro.

Chi conosce “Ghost in the Shell” sa bene che questa non è solo una storia di azione o spionaggio. È una riflessione esistenziale su cosa significhi essere umani in un mondo dove la tecnologia ha superato i limiti del biologico. È il tentativo, profondo e spesso inquietante, di rispondere a domande che ci accompagnano ogni giorno, anche senza che ce ne rendiamo conto: siamo ancora noi stessi quando i nostri ricordi possono essere hackerati? Quando il nostro corpo può essere sostituito da una macchina? Quando l’unica cosa che ci resta è un software?

È per questo che vedere quest’opera prendere forma in un oggetto tanto simbolico e ricco di significato come il byōbu ha qualcosa di profondamente poetico. Perché ci ricorda che il futuro, per quanto spaventoso, ha sempre radici nel passato. Che anche l’intelligenza artificiale più avanzata, quella che dialoga con il nostro pensiero e simula le nostre emozioni, nasce da mani umane, da storie, da cultura. Il TB-02 è tutto questo: un oggetto che unisce artigianato secolare e avanguardia, che rende visibile ciò che spesso resta solo concetto, che trasforma la filosofia cyberpunk in arte tangibile.

A curare la realizzazione materiale di questa meraviglia c’è Rekiseisha, storica azienda giapponese fondata nel 1905, famosa per le sue lavorazioni raffinatissime in metalli preziosi e collaborazioni con nomi di lusso come Chanel e Gucci. E questa volta, al posto di loghi di moda, si inchinano all’eredità di un manga che ha cambiato per sempre la percezione dell’identità nell’era digitale. Un gesto che, da fan di anime e da donna cresciuta con Motoko come figura ispiratrice, non posso che trovare emozionante.

Il primo prototipo di “TB-02: The Ghost in the Shell” sarà esposto in anteprima mondiale al Design Shanghai 2025, evento di punta nel panorama internazionale del design. Sarà visibile dal 4 al 7 giugno all’interno dello spazio “Beyond Craft Japan”, un nome che da solo racconta già molto. Perché è proprio questo il senso di tutto il progetto TechnoByobu: andare oltre l’idea di “artigianato”, oltre l’idea di “arte pop”, oltre il tempo e lo spazio.

L’opera, di dimensioni considerevoli – 150 cm per 140 cm – e un peso di circa 4 kg, sarà distribuita in tiratura limitata a partire dal 2026. Non si conosce ancora il prezzo, ma sarà possibile registrarsi sul sito ufficiale per ricevere aggiornamenti e accedere prioritariamente all’acquisto. Il sito https://technobyobu.jp è una vera e propria miniera d’oro per chi vuole approfondire la filosofia dietro l’opera, le tecniche utilizzate e le prossime collaborazioni.

Nel frattempo, io mi ritrovo a pensare a Motoko. A quel momento in cui si immerge nella rete e dissolve i suoi confini. E a come, in fondo, anche noi oggi siamo parte di una rete che ci connette, ci modifica, ci ridefinisce. Ma forse, proprio come lei, abbiamo ancora un “ghost” dentro di noi. E forse, in qualche modo misterioso e dorato, quel ghost si riflette in un paravento giapponese del futuro.

Tu cosa ne pensi? Ghost in the Shell ti ha mai cambiato il modo di vedere il mondo? Ti emoziona questa fusione tra artigianato tradizionale e visioni cyberpunk? Condividi l’articolo sui tuoi social e raccontami nei commenti il tuo rapporto con questa straordinaria saga. Perché se c’è una cosa che ci insegna Motoko, è che l’anima può manifestarsi in mille forme. Anche su una foglia d’ottone dorata.

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